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La nuova generazione di Led: i rivoluzionari Oled

 22 aprile 2016
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 Categoria: Cellulari
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 Scritto da: admin

Un cellulare sottile come una carta di credito, un monitor di computer spesso come un foglio, da arrotolare dopo l'uso: è in arrivo una sorgente luminosa sottile e flessibile, da utilizzare ovunque si creda.


Nel romanzo "I robot dell'Alba" Isaac Asimov immaginava che le persone comunicassero attraverso un dispositivo particolare: ognuno poteva vedere e parlare col suo interlocutore come se questi fosse realmente presente nella stanza. Ora siamo a un passo da questa specie di telefono tridimensionale. Grazie agli oled (dall'inglese «organic light emitting device», dispositivo organico a emissione luminosa) inflatti, gli schermi delle teleconferenze saranno così nitidi che si distinguerà a fatica se si tratti di presenza fisica o virtuale! Avremo giornali di plastica sottili come fogli di carta che si aggiorneranno in tempo reale dalla Rete. E ancora: televisori da arrotolare come tappeti... Tutto ciò deriva dalle molecole organiche (cioè con atomi di carbonio) degli oled.


Uno scontro luminoso

L'oled è una specie di sandwich di materiale semiconduttore i cui diversi strati vengono attraversati da flussi opposti di elettroni e di cariche positive, chiamate “buche” (in fisica si indicano con buche, o lacune, gli atomi carichi positivamente, orfani cioè di un elettrone). In questo modo il flusso di corrente non è soltanto quello degli elettroni da una parte, ma anche quello delle buche nel senso opposto. Lo scontro dei due fiumi di elettricità all'interno dell'oled dà luogo all'emissione luminosa. Lo strato dei vari materiali organici non supera 0,2 millesimi di millimetro ed è racchiuso fra due elettrodi, di cui almeno uno trasparente, per permettere alla luce di uscire. Il voltaggio applicato (davvero minimo: dai 3 ai 5 volt) fornisce energia per muovere sia il flusso di elettroni provenienti dal catodo, ossia il polo negativo, sia quello, in direzione contraria, di buche proveniente dall'anodo, il polo positivo. Lo scontro dei due fiumi elettrici permette gli incastri buche-elettroni: in particolare questi ultimi si muovono “saltellando” attraverso gli strati di materiale organico, fino a quando incontrano la buca. Un po'come se i due tipi di carica fossero dei pezzi di un “puzzle molecolare”: quando l'incastro avviene, la molecola emette luce. La coppia, infatti, forma un eccitone, cioè una molecola dotata di un eccesso di energia, per poi tornare allo stato di equilibrio emettendo il surplus di energia sotto forma di luce visibile. E’ il fenomeno dell'elettrolumiescenza.


Cocktait vincente

Il segreto degli oled è il doppio strato di materiale organico. Nei dispositivi a singolo strato, infatti, il numero di elettroni e di buche non è perfettamente bilanciato; le cariche dominanti possono attraversare l'intena struttura senza incontrare il pezzo per l'incastro, sprecando energia elettrica. Un bilanciamento migliore della conversione elettricità-luminosità viene ottenuto usando almeno due strati organici, uno dei quali a contatto con l'anodo e adatto al trasporto di buche, mentre l'altro viene scelto per essere un buon “trasportatore” di elettroni. In questo modo ogni carica è bloccata all'interfaccia tra i due strati, come un partner che aspetta in superficie l'arrivo dell'altro. Ma recentemente i ricercatori dell'Università di Princeton hanno fatto una scoperta fondamentale: si può migliorare la qualità e la quantità della luce emessa dagli oled combinando all'interno del dispositivo i fenomeni di fluorescenza e fosforescenza. In entrambi i casi, infatti, le molecole si liberano dell'eccesso di energia emettendo luce visibile. Nel caso delle molecole fluorescenti può accadere che l'energia non venga eliminata subito, ma rimanga all'interno. Un po'come se gli elettroni se la palleggiassero tra di loro e se ne liberassero attraverso altri meccanisini, che non comportano emissione luminosa. Le conseguenze sono disastrose dal punto di vista economico: l'energia elettrica spesa per stimolare l'oled viene sprecata. Nelle molecole fosforescenti l'energia derivante dall'incastro è semprè rilasciata sotto forma di luce, anche se con qualche secondo di ritardo. Ed ecco l'idea partorita nel laboratori della Princeton University: mescolare i due tipi di molecole, in modo da costringere gli elettroni delle fluorescenti a comportarsi come quelli delle fosforescenti.


La creazione det verde

Spiega Stephen Forrest, direttore delle ricerche che hanno portato alla scoperta: gli elettroni, a seconda dell'energia di cui sono dotati, possono occupare diversi livelli, chiamati singoletti e tripletti. Se l'energia della molecola fluorescente finisce su un elettrone di tripletto, allora non ci sarà emissione luminosa e l'energia verrà sprecata. Le fosforescenti invece hanno tripletti utilizzabili: i loro elettroni emettono energia luminosa. Allora mescolando i due tipi di molecole, si può ottenere una “molecola-ibrido", cioè brillante come la fluorescente, ma efficiente come la fosforescente. In questo modo si ottiene teoricamente un fotone di luce per ogni elettrone che si incastra nella molecola-ibrido. Questo fenomeno avrebbe dunque un'efficienza del 100 per cento, un valore decisamente superiore a quello ottenuto solo con gli oled fluorescenti, che era del 25 per cento.


L'idea di Forrest ha consentito, inoltre, di assicurare ai monitor a oled tutti i colori possibili. La mescolanza delle molecole infatti ha permesso di ottenere una luce verde perfetta. In questo modo è stato completato il trio cromatico ideale di molecole organiche, dal quale ottenere tutti gli altri colori: al politiofene per la luce rossa e al polifluorene per quella blu, le ricerche di Forrest hanno aggiunto il verde del polifenilenvinile.


Una torta hi-tech

La fabbricazione di un oled assomiglia alla procedura seguita da un pasticciere per ottenere una torta a strati. Innanzitutto su un supporto di vetro perfettamente trasparente viene spruzzato l'anodo, cioè un sottile strato conduttore, anch'esso trasparente, composto da atomi di ossido di indio. Anche le molecole organiche (anelli di benzene in cui sono infilati, come perle, atomi di carbonio) vengono nebulizzate sul supporto, che viene messo in rotazione: in questo modo la forza centrifuga assicura il massimo dell'uniformità di distribuzione. L'ultimo passo è costituito dalla vaporizzazione del catodo metallico (una lega di magnesio e argento o litio e alluminio). Alla fine l'oled non è più spesso di 500 nanometri (0,5 millesimi di millimetro). E ha bisogno di un buon involucro di protezione, come spiega Georg Wittman, ingegnere dei materiali dei laboratori di ricerca Siemens.


Ogni oled deve essere incapsulato nel vetro prima di lasciare la linea di produzione. Questi dispositivi sono molto delicati e si decompongono facilmente a contatto con l'aria o con l'acqua. Attualmente si sta sperimentando un nuovo tipo di plastica, che sostituisca la protezione di vetro, troppo fragile per gli impieghi in oggetti di uso quotidiano, come per esempio, i vari tipi di tessere a microprocessore. Insomma, per il futuro aspettatevi micromonitor da tenere nel portafogli, come carte di credito.

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