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Lo sviluppo dell'Intelligenza artificiale e scenari futuri

 10 aprile 2017
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 Categoria: Tecnlogia
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 Scritto da: admin
intelligenza artificiale

Gli uomini sono convinti di essere il punto d'arrivo dell'evoluzione ma si sbagliano. Sono solo un gradino intermedio tra la scimmia e la macchina. Tra una generazione o due le macchine saranno in mezzo a noi: computer intelligenti più degli uomini, coscienti di sé e capaci di provare emozioni. Piloteranno le nostre navette spaziali, come il computer Hal nel film 2001 Odissea nello spazio, dirigeranno le fabbriche, impareranno a riprodursi da soli.



Che cosa è l’intelligenza artificiale?


L’intelligenza artificiale è un settore di ricerca che si propone di realizzare macchine capaci di svolgere compiti che richiedono intelligenza. In realtà, non c'è alcuna differenza tra l'intelligenza artificiale e quella naturale, cioè l'insieme delle nostre facoltà mentali, poiché anche noi siamo macchine. Quando si parla di intelligenza artificiale, però, ci riferiamo alle facoltà mentali delle macchine costruite dall'uomo.


Gli attuali computer non sono macchine intelligenti. La maggior parte dei programmi per computer che produciamo e usiamo oggi sono successioni di istruzioni dettagliate, che dirigono il calcolatore passo passo nello svolgimento di un'operazione. Macchine di questo tipo non sono capaci di trovare la soluzione a un problema, se il loro programma non la conosce già: sono l'opposto della creatività.


Un gradino più in alto troviamo i cosiddetti sistemi esperti: programmi che forniscono al computer un insieme di regole minuziose, indicando in quali circostanze vanno applicate. Il calcolatore analizza il problema, sceglie le regole da applicare e procede. A questa categoria appartengono macchine capaci di sostenere una conversazione, anche se molto limitata, con un interlocutore umano, oppure di giocare a scacchi.


Ma neppure in questo caso si può parlare di intelligenza artificiale. L'intelligenza è in primo luogo versatilità e i sistemi esperti non sono affatto versatili. Sono specializzati su categorie ristrette di problemi e non ragionano per analogia e non imparano dall'esperienza. Se si imbattono in un problema e non hanno già le regole per risolverlo, si bloccano.


Negli anni Ottanta si è imparato molto sui sistemi esperti e sui loro limiti e oggi queste conoscenze possono aiutare nelle ricerche sulla vera intelligenza, cioè l'intelligenza di carattere generale.



Intelligenza artificiale: l’intelligenza di carattere generale


Per intelligenza di carattere generale si intende la capacità di ragionare in modo versatile su qualunque problema. Questo aspetto è ancora poco seguito e la maggior parte dei ricercatori preferisce dedicarsi ai sistemi esperti, perché garantiscono applicazioni immediate: i software per il riconoscimento della scrittura, per esempio.


Però i programmi così specializzati non rappresentino un vero progresso per il campo dell'intelligenza artificiale.


Un sistema esperto che gioca a scacchi sa fare solo quello, non è in grado di riconoscere la scrittura. Viceversa, un sistema che interpreta la scrittura non è capace di giocare a scacchi. Invece, a una macchina realmente intelligente si potrà insegnare a giocare a scacchi, a riconoscere caratteri grafici e un milione di altre cose.



Programmi capaci di risolvere problemi di tipo generale


In teoria, qualunque problema si può risolvere con un approccio per tentativi ed errori, cioè mettendo alla prova tutte le soluzioni possibili una dopo l'altra. Ma nella pratica, un procedimento di questo tipo spesso richiede troppo tempo. Esistono programmi che riconoscono quando hanno compiuto un progresso verso la soluzione e così, passo dopo passo, scelgono il percorso che li avvicina sempre più all'obiettivo. Purtroppo, funzionano solo su problemi molto semplici.


L'impostazione più promettente si basa sull'apprendimento: il sistema accumula esperienze e, ogni volta che si imbatte in una situazione nuova, cerca tra i suoi ricordi un problema analogo risolto in passato. La ricerca su questi programmi procede lentamente, ma tra una generazione o due ci darà grandi risultati.



Lo Snarc, il primo computer capace di imparare dall'esperienza.


Nel 1951 fu costruito lo Snarc, una rete neurale, cioè un sistema con una struttura analoga a quella del cervello, ma ovviamente molto più piccola: una quarantina di elementi che simulavano il funzionamento dei neuroni, collegati tra loro per consentire lo scambio di informazioni. La macchina affrontava una serie di problemi, come trovare il percorso giusto in un labirinto. All'inizio procedeva a caso e gli elementi della rete comunicavano l'uno con l'altro senza uno schema. Quando il computer otteneva un successo, il collegamento tra i neuroni che avevano contribuito alla soluzione si rafforzava e successivamente, nel tentativo di risolvere problemi analoghi, era più probabile che fosse attivata la stessa sequenza di neuroni.


Quando è stato progettato lo Snarc, si pensava che, realizzata una macchina con un numero estremamente grande di elementi e connessioni, si avvrebbe ottenuto qualcosa di molto simile all'intelligenza. Il risultato non è stato del tutto soddisfacente: la macchina era in grado di svolgere alcune funzioni, altre invece no. Da ciò si deduce che non basta una raccolta di neutroni collegati a caso per produrre pensiero intelligente, occorre una struttura più elaborata, con diversi livelli e gerarchie. Purtroppo, ancora oggi c'è qualcuno che ignora quest’esperienza.


Infatti i ricercatori che eseguono esperimenti con le reti neurali non possono sperare di costruire un sistema intelligente senza avere la minima teoria sul funzionamento del cervello. L'intelligenza non dipende solo dal numero di connessioni.


I ricercatori dovrebbero innanzitutto formulare una teoria sulla struttura della mente, sulla gerarchia delle connessioni, poi metterla alla prova con gli esperimenti e quindi aggiustarla e migliorarla sulla base dei risultati.



La teoria della mente: la base dell'intelligenza artificale


La mente umana non sia un'entità unica, un blocco monolitico. Possiede un'architettura interna, è formata da parti distinte che a volte collaborano, a volte entrano in competizione e generano conflitti. Queste parti sono dette "agenti", una sorta di microcomputer specializzati, ognuno dei quali esegue un compito molto semplice. Ognuno di noi è una complessa società di agenti.


Non una rete, attenzione, ma una società, con molte strutture piramidali e rapporti di subordinazione.


La molteplicità è la chiave dell'intelligenza: rende la mente versatile e le permette di affrontare problemi differenti, oppure può trovare strade differenti per risolvere lo stesso problema. Un computer programmato per raggiungere un obiettivo seguendo una sola strada si blocca non appena incontra un ostacolo. La mente umana sceglie una strada diversa e aggira l'ostacolo. Anche le emozioni sono una manifestazione della molteplicità: sono percorsi alternativi che il cervello segue quando deve affrontare scelte particolarmente difficili.


Mettiamo che si debba comprare un tavolino. Su deve scgliere tra due modelli. Sono entrambi funzionali, adatti alla casa ed economici. Non si hanno ragioni evidenti per preferire l'uno all'altro: come si può decidere? Posto di fronte al problema, si sceglie uno dei due tavolini per motivi all'apparenza irrazionali: perché ci piace più dell'altro. La mia mente, in mancanza di altri termini di paragone, ha confrontato la forma e il colore dei due oggetti con forme e colori che appartengono ai propri ricordi e con i propri ideali estetici. Tutto ciò è avvenuto al di sotto della soglia della nostra coscienza, per questo motico si considera la propria scelta irrazionale e dettata dall'emotività.


In realtà non c'è nulla di misterioso nel processo che ci ha portato alla decisione, nula che non possa essere replicato da una macchina con una struttura analoga. Tra cinquanta o settant'anni avremo computer intelligenti e dotati di emotività. La loro struttura sarà quella di una società di microcomputer specializzati.



In che modo la mente umana procede alla risoluzione dei problemi?


Il bambino, che non ha alcuna esperienza, procede per tentativi ed errori, mentre l'adulto si affida in parte al ricordo dei problemi analoghi che ha risolto in passato, sfrutta le associazioni mentali. Giorno per giorno, nel nostro cervello si formano delle associazioni, delle linee che collegano diversi processi mentali. Quando affrontiamo un problema, si crea un collegamento tra tutti i processi che abbiamo usato e quando, tempo dopo, ci troviamo in una situazione analoga, il ricordo di quello che abbiamo percepito, pensato e fatto in passato riemerge automaticamente.



Le macchine non raggiungeranno mai la coscienza di sè?


Per essere dotato di consapevolezza, un uomo, un animale o un computer deve possedere una rappresentazione di sé. Questa rappresentazione, negli uomini, di solito è incompleta. Noi pensiamo senza sapere come facciamo a pensare, abbiamo idee senza conoscere i processi di formazione delle idee. Consideriamo l'autocoscienza come una facoltà esclusiva dell'uomo, ma in realtà non siamo poi così coscienti. Non c'è alcun motivo per cui una macchina sufficientemente complessa non possa raggiungere la consapevolezza allo stesso livello sell'uomo o a livelli superiori. E’ molto più difficile dotare un computer di senso comune.


Il senso comune è la qualità che acquisiamo fin da bambini e ci aiuta a svolgere semplici operazioni e a portare a termine ragionamenti all'apparenza banali. Il senso comune si basa su una mole immane di piccole nozioni. Per esempio: un oggetto si può tirare con una corda, ma non si può spingere con una corda, però lo si può spingere con un bastone e così via.


Le macchine, che non seguono un processo di crescita e di apprendimento come quello degli esseri umani, sono prive di senso comune.


Nei laboratori si sta cercando di costruire un senso comune artificiale, una banca dati di nozioni elementari per le macchine. Un giorno ci si riuscirà, ma oggi si è ancora lontani dalla meta. In tutto il mondo sono solo una decina di persone a occuparsi dì questo particolare settore dell'intelligenza artificiale.



La ricerca sull’intelligenza artificiale sta affrontando un momento difficile?


La ricerca dell'intelligenza artificiale non si è arenata. Le teorie e le proposte sono tante. Forse i risultati sperati tardano ad arrivare perché molti pongono le domande sbagliate, ma del resto come si fa a dire se una teoria è giusta fino a che essa non viene messa alla prova.


Si dovranno fare esperimenti, un gran numero di esperimenti e tra una generazione o due si assisterà alla nascita della prima vera intelligenza artificiale.


Non è detto che il risultato finale sarà una macchina che pensa come l'uomo, perché non è detto che l'intelligenza umana sia l'unica possibile.


Saranno gli uomini a cedere gradualmente il posto alle macchine. L'uomo è uno scalino intermedio tra la scimmia e il computer. Quando conosceremo i meccanismi del pensiero, si potranno ampliare le facoltà mentali grazie alle macchine. Si imparerà a riparare i nostri organi e ne fabbricheremo di nuovi. GLi uomini stessi diventeranno a poco a poco macchine.

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